Secondo gli psicologi dello sviluppo, Irving Janis e Leon Mann un atteggiamento impulsivo può pregiudicare il rendimento scolastico dei bambini e rendere difficile il raggiungimento di quella che gli autori chiamano una “decisione efficiente” cioè la scelta di soluzioni adeguate ai compiti che vengono proposti.
L'impulsività impedisce la ricerca attiva di nuove informazioni che aiutano a valutare le alternative nella risoluzione dei problemi, per di più non permette di tener conto dei consigli e insegnamenti che un esperto può dare.
Al contrario, spiegano i ricercatori, un atteggiamento riflessivo porta i bambini a passare al vaglio le soluzioni alternative ai quesiti e consente di valutare le conseguenze di ogni scelta, siano esse positive o negative comprese quelle che in un primo momento possono non sembrare accettabili.
Recenti ricerche mostrano che la tendenza all'impulsività, per quanto sia relativamente stabile, può venire modificata dalle esperienze ambientali.
E' stato dimostrato, per esempio, che i bambini impulsivi se aiutati da insegnanti e genitori riflessivi, nel corso di un anno scolastico mutano il loro tempo di risposta e diventano più accurati nella risoluzione di problemi complessi.
E' quindi possibile aiutare i nostri figli a diventare più riflessivi. Non è difficile.
Innanzi tutto occorre far sì che il bambino si renda conto che è più vantaggioso pensare prima di rispondere, esaminando tutte le possibili soluzioni invece di enunciare la prima che viene in mente. Per aiutarlo a comprendere questo, sono sufficienti alcuni semplici esercizi.
Per primo, possiamo dire a nostro figlio mentre lo aiutiamo durante i compiti a casa: “Ora ti farò alcune domande. Non rispondere a tutte insieme. Aspetta 10 secondi e durante questo intervallo pensa alla risposta, poi cerca di migliorarla. Pensa bene se è completa”.
Un secondo esercizio comporta l'uso di “figure familiari”. Si tratta di sottoporre all'attenzione del bambino, per esempio, sei figure dello stesso soggetto, tra le quali deve individuarne due perfettamente identiche (mentre le altre quattro differiscono per alcuni particolari). Anche in questo caso si deve chiedere esplicitamente di fare passare un certo intervallo di tempo tra la scoperta della risposta giusta e la sua verbalizzazione, ad esempio dicendo: “prima di rispondere devi essere sicuro che quello che stai per dire sia corretto… controlla un'ultima volta”.
La terza strategia consiste nel chiedere al bambino di trovare un buon numero di risposte a un problema sufficientemente complesso per il quale ogni approccio impulsivo si rivelerebbe sbagliato. Lo scopo è quello di mostrare l'utilità della riflessione fermandosi a esaminare la validità di ogni risposta.
In questo senso, i problemi migliori sono quelli che richiedono un'analisi percettiva come il test delle “figure inserite” in cui un oggetto familiare è mascherato in un insieme di elementi disposti alla rinfusa. Uno dei procedimenti più semplici consiste nel collocare su un tavolo una dozzina di oggetti familiare e nel dire al bambino di osservarne la posizione, poi gli si chiede di voltarsi e si toglie un oggetto. Quando il bambino si gira di nuovo, gli si chiede di nominare l'oggetto eliminato.