Ansia, ipocondria, panico e stress sono tra i segni e i sintomi più prevalenti in tempi di emergenza sanitaria. Come gestirli? Ne parliamo con il Dr. Giuseppe Iannone – Psicologo Psicoterapeuta e Sessuologo
Ansia e ipocondria
Premesso che in questo momento storico è normale provare paura o agitazione, per alcune persone il timore di essere contagiati o di poter contagiare si trasforma in angoscia e ansia eccessive. L´ansia può quindi manifestarsi sia come timore di essere contagiati che di contagiare altre persone.
Nel primo caso non si tratta di una semplice e legittima cautela dovuta alle circostanze contingenti ma di un´ansia di essere contagiati che ha un sapore ipocondriaco. La preoccupazione di essere contagiati è eccessiva. Non ci si sente al sicuro nemmeno tra le mura domestiche e neppure mettendo in atto le varie misure di sicurezza (uso della mascherina, distanza dalle altre persone, ecc.).
L´iperfocalizzazione su segnali corporei, anche innocui, può esacerbare l´ansia. Basta, per esempio, un colpo di tosse, uno starnuto, un semplice mal di gola per far sì che la persona abbia la certezza di aver contratto il virus. Non è raro che si cerchino continue rassicurazioni sul proprio stato di salute attraverso ripetute visite mediche, (dis)informandosi su internet, cercando conforto da amici e familiari. Tuttavia le rassicurazioni hanno un effetto calmante soltanto nel breve termine.
Così facendo, infatti, la persona non impara a gestire in autonomia i propri stati psicologici di tensione e ansia ma diventa sempre più dipendente da altri. Si innesca, così, un circolo vizioso che spinge l´individuo a passare da un medico all´altro, da un esame all´altro, da una rassicurazione all´altra. E l´ansia, invece di diminuire, aumenta nel tempo.
La paura di poter contagiare i propri cari è invece più frequente tra le persone che, per esempio per motivi di lavoro, sono maggiormente esposte al rischio di contrarre il virus. Anche in questo caso, non si tratta di una preoccupazione motivata dalle circostanze ma di un´ansia che può assumere, nei casi più gravi, sfumature deliranti che lasciano la persona in un profondo stato di angoscia e di colpa.
Per contenere tali sentimenti di angoscia e di colpa, alcune persone tendono a ripetere compulsivamente alcune azioni in un tentativo, vano, di sedare l’angoscia. Ad esempio, puliscono e disinfettano casa, i luoghi di lavoro o gli oggetti che toccano, lavano le mani o fanno la doccia troppo frequentemente e non tanto come normale misura profilattica ma per placare la preoccupazione del contagio.
Lo stress
Anche in questo caso è opportuno distinguere tra livelli di stress appropriati alle circostanze e sintomi di stress eccessivi. È quasi inevitabile per ciascuno di noi aver esperito più alti livelli di stress rispetto a qualche mese fa. Fin qui nulla di male perché si tratta di reazioni tutto sommato normali a una condizione di emergenza.
Invece alcune persone sviluppano risposte emotive e comportamentali anomale e sproporzionate. I campanelli di allarme di una risposta anomala sono: umore depresso, tristezza, preoccupazione, ansia, insonnia e bassi livelli di concentrazione che compromettono un normale funzionamento in ambito sociale, lavorativo, scolastico o in altre aree importanti della vita dell´individuo. In psicopatologia si parla in questi casi di disturbi dell´adattamento.
Il panico e l´agorafobia
Sebbene possa emergere anche a partire da uno stato di quiete, è spesso a partire da uno stato continuo di ansia che, in questo periodo, alcune persone sperimentano un attacco di panico. I sintomi dell´attacco di panico includono tachicardia, sudorazione, tremori, sensazioni di soffocamento o asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, vertigini, sensazione di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore, formicolio, de realizzazione o depersonalizzazione, paura di perdere il controllo, di impazzire o di morire.
È bene ricordare che l´attacco di panico non è un disturbo mentale. Il disturbo di panico invece lo è. Affinché possa essere fatta diagnosi di disturbo di panico la persona deve aver esperito almeno un attacco di panico e vivere in una costante preoccupazione che questo possa tornare.
In conseguenza di ciò, l´individuo tende a evitare situazioni in cui l’attacco di panico si è manifestato (luoghi, contesti, persone o situazioni).
L´agorafobia, invece, si manifesta come paura o ansia, in almeno due tra queste situazioni: utilizzo dei trasporti pubblici; trovarsi in spazi aperti come piazze, parcheggi, ponti, ecc.; trovarsi in spazi chiusi come negozi, cinema, ecc.; stare in fila o tra la folla; essere fuori casa da soli.
La persona spesso evita queste situazioni ma ciò in realtà non fa che aggravare la sintomatologia. È preferibile invece un´esposizione graduale ma continua alle situazioni temute per far sì che la paura e l´ansia diminuiscano nel tempo. Attenzione però: dobbiamo distinguere l´agorafobia da un timore di uscire legato alla situazione straordinaria che stiamo vivendo.
Solo se i sintomi perdurano per più di 6 mesi e solo se la paura di uscire non è legata al timore del contagio ma al timore che possa verificarsi un attacco di panico o altri sintomi invalidanti o imbarazzanti (come la paura di cadere negli anziani o la paura dell´incontinenza) quando si è fuori casa, va fatta diagnosi di agorafobia.
Articolo del Dr. Giuseppe Iannone
Psicologo Psicoterapeuta e Sessuologo
www.giuseppeiannone.it