Fumo e salute

Fumo e salute
Solo per cancro del polmone si calcolano circa 500.000 decessi ogni anno nei Paesi della Comunità Europea, il 90% dei quali dovuti al fumo.
Il 20% dei fumatori è destinato a sviluppare la bronchite cronica ostruttiva (BPCO), mentre è stato calcolato che il 50% delle cardiopatie ischemiche è legato al fumo. Dopo anni di campagne contro il fumo, in Europa attualmente fuma il 25% della popolazione adulta, un valore stabile per il momento, considerato lo “zoccolo duro” al di sotto del quale è difficile scendere. Questo dato è molto preoccupante, perché prelude al mantenimento di elevate percentuali di patologie ad esso correlate sia nel breve sia nel lungo periodo. Inoltre, le osservazioni recenti negli adolescenti confermano una tendenza all’aumento della diffusione del fumo tra i giovani: il 30% dei bambini di prima media ha già provato la prima sigaretta, mentre circa il 50% dei ragazzi dell’ultimo anno delle superiori fuma correntemente.
Dobbiamo aggiungere anche il dato su quanto fumano i medici italiani (e mediterranei): circa il 30% complessivamente, che si eleva al 45% tra i 40 e i 60 anni. Diversa è la situazione in altri Paesi, come il Regno Unito con il 10% di medici fumatori, e gli Stati Uniti, dove fuma solo il 2% dei medici. Dunque è necessario un maggiore impegno anche da parte della stessa classe medica attorno al problema fumo, prescindendo dalla personale abitudine del medico al fumo.

La dipendenza

Solo recentemente la nicotina è stata dichiarata ufficialmente una droga a tutti gli effetti, nonostante i dati sul suo elevato potere di indurre dipendenza fossero noti da decenni ai ricercatori dell’industria del tabacco. In un recente raffronto tra le proprietà delle differenti droghe maggiori, la nicotina detiene il maggior potere nell’indurre dipendenza rispetto a droghe maggiori, come eroina, cocaina e alcol.
La dipendenza indotta da una sostanza viene definita in base alla difficoltà di smetterne l’uso, alla frequenza delle recidive, alla percentuale di persone che ne diventano dipendenti, e al “valore” che essa detiene presso chi ne fa uso, nonostante tutta l’evidenza dei danni che essa è in grado di provocare. La dipendenza, nel caso del tabacco, porta al danno non come conseguenza della nicotina, ma a causa della continua esposizione al condensato e al monossido di carbonio.

Accanto alla dipendenza farmacologica da nicotina, un ruolo decisivo che determina il legame tra fumatore e sigaretta è giocato dalla dipendenza psicologica. I suoi determinanti sono soprattutto dovuti a fattori sociali e culturali, alla gestualità, e all’effetto di tipo amfetaminico che la nicotina comporta, in grado di creare aspettative di miglior performance nell’affrontare la fatica, il lavoro, lo stress in genere. Dipendenza farmacologica e psicologica coesistono nello stesso individuo, ma in proporzioni diverse da soggetto a soggetto. Pertanto, nei programmi di cessazione, è essenziale la valutazione preliminare dell’atteggiamento personale del fumatore rispetto al fumo, con una comprensione precisa della dipendenza da nicotina, al fine di programmare una terapia sostitutiva con sola nicotina per un tempo variabile da individuo a individuo.

I prodotti nocivi presenti nel fumo

Sono più di 5.000 le sostanze che si creano nella combustione del tabacco alla temperatura di 800°C. Le categorie che ci interessano dal punto di vista medico sono rappresentate dalla nicotina, dal monossido di carbonio (CO) e dal condensato (catrame).
L’effetto tossico della nicotina in realtà è modesto, e solo a estremi livelli di consumo di sigarette si possono verificare danni acuti di tipo cardiovascolare (arresto cardiaco). La nicotina aggrava l’ipertensione arteriosa ed è responsabile della comparsa dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori (morbo di Burger). Tuttavia la nocività della nicotina è legata alla dipendenza farmacologica che comporta, e che fa del fumo una schiavitù, costringendo il fumatore a una continua esposizione agli altri fattori patogeni contenuti nel fumo.

Il CO è un gas incolore, inodore e insapore, potentemente tossico. Si lega avidamente all’emoglobina costituendo la carbossiemoglobina (COHb), che ha un tempo di dimezzamento di 4 ore, e impedisce l’utilizzazione dell’ossigeno. L’ipossiemia cronica dovuta al CO è responsabile del danno cardiovascolare da fumo. È invece molto difficile osservare intossicazioni acute da CO in un fumatore: lo standard di 20 sigarette al giorno comporta una concentrazione ematica di COHb del 3-5%, che il fumatore avverte solo come ridotta performance a livello sportivo. Tuttavia è possibile riscontrare livelli di COHb del 15% in fumatori estremi (3-4 pacchetti): in questo caso possono essere presenti iniziali sintomi di intossicazione acuta da CO, come astenia, difficoltà di concentrazione, sudorazione, tachicardia, sonnolenza.
Il condensato rappresenta l’insieme di sostanze dotate di potere cancerogeno e irritante prodotte dalle combustione del tabacco. Potenti cancerogeni come il benzopirene si depositano a livello bronchiale, e partecipano ai processi di iniziazione, promozione e sviluppo del cancro del polmone. Altre sostanze presenti nel condensato sono responsabili dei processi metabolici che portano alla bronchite cronica e all’enfisema (formazione dei radicali liberi).
Attualmente sono in commercio sigarette a basso contenuto di nicotina e condensato. A parte le considerazioni sul “compenso” che il fumatore mette in atto quando utilizza sigarette a basso contenuto di nicotina, meno condensato significa senza dubbio meno carico di sostanze tossiche, e quindi, un male minore. Ciò che comunque non cambia assolutamente è il contenuto di CO, con un rischio cardiovascolare invariato, se non aumentato in caso di “compenso” nel numero di sigarette fumate.

Le patologie correlate

Sono più di 25 le patologie correlate al fumo identificate in un grande studio epidemiologico su oltre 30.000 medici inglesi iniziato negli anni ’50. Il fumo è considerato uno dei cancerogeni più potenti per l’uomo: complessivamente si calcola che negli USA il fumo sia causa di circa 150.000 decessi per neoplasia all’anno. Oltre al tumore del polmone, che nel fumatore rappresenta un rischio 30 volte superiore rispetto al non fumatore, numerose altre patologie neoplastiche sono significativamente associate al fumo: tumori delle vie aeree superiori (laringe, cavo orale), tumore dell’esofago, dello stomaco e del pancreas, della vescica, del rene e della cervice uterina.
Sempre negli USA sono stimate in 100.000 ogni anno le morti per infarto dovute al fumo, e 23.000 quelle per ictus, mentre il tributo di vite per bronchite cronica è valutato attorno agli 85.000 casi/anno.

Il fumo favorisce l’osteoporosi, la gastrite e l’ulcera duodenale, e se continuato durante la gravidanza provoca 5% di mortalità perinatale, ed è un rischio di aborto e di ritardato accrescimento fetale. È noto il rischio di microembolia polmonare che la contraccezione comporta nelle fumatrici. Recenti osservazioni hanno inserito il fumo tra le cause indipendenti di diabete mellito di tipo 2.

Forse vale maggiormente un altro dato statistico: l’aspettativa di vita del fumatore è di 10 anni inferiore a quella del non fumatore, con una qualità di vita nettamente inferiore.

Le situazioni incompatibili con il fumo

Se è necessario l’impegno quotidiano nella lotta contro il fumo in fase di prevenzione primaria, le strategie anti-fumo diventano determinanti in situazioni particolarmente delicate, in cui il perdurare dell’esposizione ai prodotti tossici del fumo non è un danno futuribile, ma provoca ripercussioni quotidiane sulla salute.
L’estrema sensibilità dell’embrione e del feto al CO non permette sconti alla donna in gravidanza: tuttavia si calcola che circa 2/3 delle fumatrici continui a fumare in gravidanza. Anche il rischio di microembolia associato a fumo+pillola non va dimenticato, vista la giovane età della popolazione femminile in questione.
È esperienza comune quanto sia difficile distogliere dal fumo i pazienti affetti da bronchite cronica. Eppure sono spesso pazienti critici, con indici respiratori alterati, a volte con insufficienza respiratoria, spesso con patologie cardiovascolari associate. La “dose” quotidiana di CO risulta particolarmente deleteria in queste situazioni, e non bisogna abbandonarsi a un atteggiamento rinunciatario nei confronti del fumo.
Un’attenzione particolare va posta nei pazienti operati per tumore polmonare: in questi casi l’esposizione continua ai cancerogeni presenti nel fumo favorisce la comparsa di un secondo tumore polmonare che può insorgere con facilità a causa del cosiddetto “difetto di campo”. Questo termine si riferisce all’insieme del tessuto broncopolmonare esente da tumore, ma già danneggiato dalla lunga esposizione al fumo e pertanto altamente predisposto alla trasformazione neoplastica. In questi soggetti lo stop-fumo è una tappa essenziale per evitare le recidive.
Discorso analogo vale per la prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica (in cui smettere di fumare è molto più efficace della terapia con statine) e nelle cura delle arteriopatie periferiche. Infine il diabete: come malattia cronica caratterizzata dalla micro-macroangiopatia polidistrettuale è un esempio tipico di obiettivo dei programmi anti-fumo. Nonostante ciò circa il 45% dei soggetti diabetici attualmente fuma.

I benefici della cessazione

Oltre all’informazione su rischi e malattie, è importante poter dare al fumatore dei messaggi in positivo: tra questi vi è il concetto di reversibilità dei danni acquisiti in anni di fumo. Il fumatore perde ogni anno una quota maggiore di funzionalità respiratoria rispetto a quanto avviene nel non fumatore. Ma bastano pochi anni di stop-fumo nel fumatore al di sotto dei 45 anni, per recuperare i valori normali di funzionalità respiratoria. Il rischio cardiovascolare acquisito si annulla in circa 2 anni dalla cessazione, attraverso i meccanismi di plasticità delle pareti arteriose con riduzione progressiva della placca aterosclerotica. Il rischio oncologico ha tempi di riduzione più lunghi, ma inizia ad attenuarsi immediatamente dopo la cessazione e si dimezza dopo pochi anni (anche se si annulla solo dopo 10-15 anni).
Oltre a queste considerazioni sulla propria salute, smettere di fumare comporta lo stop del fumo passivo in famiglia, con positive conseguenze sulla salute dei propri bambini, ed è un esempio determinante nel successivo comportamento dei figli rispetto al fumo. Infine smettere di fumare può favorire la propria immagine anche nell’ambiente di lavoro.