La malaria è un’infestazione da protozoi, caratterizzata da parossismi di brividi, febbre e sudorazione oltre che da anemia, splenomegalia a decorso cronico recidivante.
Merita particolare attenzione, oltre che per il suo naturale ruolo storico, principalmente per la constatazione che, scomparsa come malattia endemica in vaste aree geografiche, da alcuni anni vi ha fatto ritorno come malattia d’importazione, riproponendosi con aspetti a volte inconsueti di patologia e con problemi nuovi di prevenzione, specie per coloro che si recano in aree endemiche. Questo fenomeno riguarda anche i paesi europei e quindi l’Italia, dove il numero dei casi di importazione è andato aumentando in questi ultimi anni. Recenti sono le segnalazioni (dicembre 1997) giunteci attraverso la stampa di una decina di casi di malaria creando allarme nel nostro Paese. Si trattava di persone al ritorno da viaggi esotici (Kenya) non sottopostesi prima di partire a misure di prevenzione.
La malaria, oggi presente soprattutto nelle zone tropicali e subtropicali, era in passato e fino alla metà di questo secolo endemica in vaste aree del mondo, con circa 300 milioni di casi e 3 milioni di morti all’anno.
Dopo la seconda guerra mondiale, il miglioramento delle condizioni socioeconomiche e del livello igienico-sanitario con le conseguenti modificazioni ecologiche, ma soprattutto l’impiego di DDT e la campagna globale di eradicazione condotta dall’OMS in oltre 70 Paesi, avevano portato alla scomparsa della malattia in numerose aree quali Europa, URSS, Australia, USA ed altri 70 Paesi dell’America meridionale.
Purtroppo, a partire dal 1967 fattori diversi (politico economici, tecnici, ma anche la acquisita resistenza dei plasmodi ai farmaci antimalarici e dei vettori agli insetticidi tradizionali) hanno rallentato il programma di lotta antimalarica, con la conseguente ricomparsa della malattia in quelle zone dalle quali era stata eradicata e di episodi endemici in quelle dove era notevolmente diminuita. In particolare, nelle aree più tradizionalmente endemiche e cioè la fascia tra i due tropici, la malaria, che aveva fatto inizialmente registrare una forte regressione, ha manifestato una evidente marcata ripresa specie nell’Africa a sud del Sahara che rimane oggi il più importante serbatoio parassitario del mondo. Oltre che in Africa, attualmente la malaria è presente in numerosi Paesi delle Americhe centrale e meridionale e dell’Asia (Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, India, Cina, ecc.).
Questa situazione epidemiologica costituisce ovviamente un rischio continuo di reintroduzione della malaria allo stato endemico in quei paesi dai quali era scomparsa. Infatti, considerato che nella maggior parte di questi, per la sospensione o riduzione della lotta antimalarica, le popolazioni anofeliche hanno riacquistato i valori di densità preoperativi, potrebbe ricrearsi la catena di trasmissione (uomo-plasmodio-zanzara) a condizione che si realizzi un consistente serbatoio. Questa eventualità, che in passato appariva assai remota, oggi diventa sempre più probabile per il continuo aumento dei viaggiatori e i movimenti migratori della manodopera in aree ad endemia malarica, con la conseguente possibilità di importazione di soggetti parassitati. Essa è legata non solo a turisti, lavoratori, studenti, ma anche a lavoratori di colore ed a rifugiati politici.
In Europa la malattia è rimasta endemica solo in alcune zone della Turchia. In Italia le massicce campagne di lotta antianofelica condotte dal 1947 al 1960 in tutte le aree malariche (30% del territorio nazionale) hanno consentito la eradicazione della malattia dal nostro Paese, dove da sempre essa aveva rappresentato un vero e proprio flagello, provocando milioni di morti e frenando lo sviluppo socioeconomico di vaste zone, specialmente nel Mezzogiorno. Gli indici di morbosità furono ridotti a zero tanto che nel 1970 l’Italia veniva dichiarata ufficialmente indenne e iscritta nel Registro dei Paesi che hanno realizzato l’eradicazione della malaria.
Anche da noi, tuttavia, la successiva sospensione della lotta antimalarica ha determinato la graduale ripresa della popolazione anofelina, per cui l’arrivo di soggetti infetti può rappresentare, in periodi stagionali favorevoli, un rischio di ricomparsa di focolai di trasmissione autoctoni.
Come in altri Paesi europei, anche in Italia si registrano annualmente casi di malaria, in massima parte d’importazione. Più frequenti sono i casi da Plasmodium falciparum, importati dall’Africa dove questa specie è predominante, verosimilmente per il maggior numero di lavoratori e viaggiatori che si recano in quel continente rispetto ad altri. Tra i viaggiatori, le categorie più rappresentate sono: lavoratori, turisti e stranieri.