Preistoria e protostoria
Secondo gli studi e le teorie più accreditati, l’evoluzione delle attività umane, tra le quali anche il sistema per procurarsi il cibo, avrebbe seguito tre stadi.
Prima l’uomo fu raccoglitore di piante, semi, bulbi e radici, e quasi contemporaneamente, cacciatore e pescatore, poi pastore nomade e, infine, fissata una residenza, agricoltore. L’agricoltura non era certo come la concepiamo oggi ma era costituita da una primitiva lavorazione della terra che iniziava con la semina, senza una preventiva “pulitura” del terreno, e terminava con la raccolta dei frutti.
Per la raccolta di piante o di parti di esse, nonché di semi, radici e bulbi, l’uomo ricorse ad un bastone di legno, duro e ricurvo all’estremità da cui, in seguito, sarebbe derivata la zappa e poi l’aratro.
Lucrezio Caro, cronista romano del primo secolo a.C. , ci informa che i primitivi “si cibavano solo con quello che la terra dava spontaneamente”.
Diodoro siculo, nel primo secolo d.C. , scrive che i primitivi “erano per le selve e vivevano solo di erbe, di radici e di frutti; vivevano nudi, senza case e senza fuoco”.
Sappiamo inoltre che, più tardi nel paleolitico, l’uomo si veste di pelli e vive nelle caverne; poi per caso conosce il fuoco che segna un’importante tappa nella storia umana. Da questo momento, infatti, il fuoco entra in modo decisivo nella vita e l’uomo incomincia a far cuocere i vegetali, questi vengono inzuppati in acqua scaldata mediante immersione di pietre arroventate.
Comincia poi a cuocere la carne. Abbattuti gli animali con bastoni o sassi, l’uomo ne infilza il corpo su pali di legno, e cuoce le carni alla fiamma diretta. Per togliere la carne cotta dalle ossa usa raschiatoi o scarnificatori realizzati con selce.
Nel periodo neolitico (antica età della pietra) l’uomo non vive più nelle caverne, ma si costruisce piccole capanne su terra ferma o palafitte sull’acqua; appaiono i primi “focolari” che diverranno poi simbolo di comunità e di famiglie. Rinuncia, man mano alla vita nomade e inizia la coltivazione di cereali.
La preparazione degli alimenti si modifica e, per la cottura dei cibi, si comincia l’uso della terraglia che dà inizio all’arte della ceramica. Con l’utilizzo del vasellame resistente al fuoco le radici, i bulbi e i semi di cereali si cuocevano molto meglio.
La cottura dei cereali rese necessario l’uso del cucchiaio che fa la sua prima apparizione proprio in quest’epoca dapprima l’uomo usa conchiglie e ossa cave, senza manico, poi usa il legno e la terracotta e il cucchiaio ha la forma che anche noi conosciamo. In un momento successivo, sulla scorta delle nozioni acquistate per la realizzazione del cucchiaio, vengono realizzati anche i bicchieri. I coltelli erano invece ottenuti da lame di selce di forma allungata che potevano avere uno o due bordi taglienti.
Il fuoco era acceso in braceri delimitati da pietre o da mattoni; i forni erano costituiti da pietre orizzontali sostenute da pietre verticali.
In Mesopotamia i forni ed i fornelli erano in argilla con sommità piatta e camini circolari ma anche qui si usavano primitivi braceri e focolari di pietra e mattoni.
Un altro sistema, usato in Palestina, era il riscaldamento preventivo di forni e fornelli attraverso la fiamma che, una volta raggiunta la temperatura necessaria alla cottura; veniva spenta. Da questo sistema deriva l’uso, ancora praticato in Oriente, delle pentole preriscaldate.
Alimentazione dei Greci
Già gli antichi avevano diviso i generi alimentari in due grandi classi: la parte principale del pasto costituita da cereali (in Grecia “oitos” e a Roma “far”), la pietanza (in Grecia ouov) costituita da elementi vegetali o animali (spesso pesce) preparati sul fuoco. Sia in Grecia che nel mondo romano, il tenore del pasto dipendeva dalle possibilità economiche e dal ceto sociale della famiglia.
In Grecia, alle mense dei ricchi, veniva fatto grande uso di selvaggina e volatili serviti con salse agrodolci o con il “garum”, la prelibata e costosa salsa spagnola, dal sapore piccante.
Il nutrimento base della gran parte della popolazione greca era costituito da cereali impastati con acqua e cotti per fare “polente” e minestre, oppure cotti direttamente sul fuoco in forme di pani e focacce (maza).
La “maza” di orzo ricopri una funzione di primo piano nell’alimentazione degli Ebrei, consumata insieme a pietanze più o meno prelibate, a seconda delle possibilità economiche. Generalmente veniva servita con frattaglie cotte di animali o con la trippa arrostita in pentola; oppure era accompagnata da verdure servite crude o cotte, condite con olio, da insalata o ancora da formaggi.
da tutte le fonti (tra cui la stessa Odissea) risulta che nella Grecia antica si fece grande uso di frumento e di orzo e, meno frequentemente, veniva invece consumata la carne. Più spesso fritto in padella.
Nei “Cavalieri” di Aristofane, commediografo greco vissuto tra il V i il IV a.C. , ci sono spesso interessanti cenni alla cucina e scenette di vita quotidiana (Cavalieri, vv. 1166 e seguenti):
“ Paflagone ecco io ti porto questa focaccina impastata con l’orzo di Pilo:
Salsicciaio e io queste conchiglie cavate dalla dea con la sua mano di avorio;
Popolo che dita grandi avevi, o Regina,
Paflagone e io un passato di piselli, buono e di bel colore: lo rimescolo Pallade in persona, la combattente di Pilo;
Salsicciaio (protendendo sul capo di Popolo una marmitta a mo di scudo) O popolo è evidente che la dea ti protegge: anche ora pretende su di te una marmitta piena di brodo;
Popolo credi tu che questa città sarebbe ancora abitata, se lei non pretendesse manifestatamente su di noi la pentola?
Paflagone (a Popolo, offrendo) questi pesci te li regala la dea “terror degli eserciti”
Salsicciaio e la figlia del possente Padre ti regala questa carne cotta nel brodo e un pezzo di budello, di molletta e di trippa …
Alimentazione e cucina dei Romani
Come spesso accade, anche a Roma e nel mondo romano, l’alimentazione era legata al tenore di vita e alle possibilità economiche dei cittadini. Senza dubbio nella Roma delle origini il tenore di vita fu semplice.
La bollita di cereali, le olive, i fichi e il formaggio furono il nutrimento base e anche se, in seguito, questi alimenti furono affiancati da cibi più raffinati, rimasero a contraddistinguere la tavola dei Romani, soprattutto dei ceti umili.
La primitiva alimentazione a base di cereali, fu in seguito affiancata da carni, legumi, pesci, sempre accompagnati da salse, talora molto complesse da eseguire.
Come oggi, le carni ed i pesci venivano presentati in piatti ed erano arrostite o bolliti o fritti; la cosa più interessante da notare che tutte le carni venivano lessate, anche prima di essere arrostite. Questa pratica può essere dovuta ad una antica abitudine che indicava di rammollire le carni seccate o salate, oppure ad una questione di gusto, cioè alla preferenza di carni dalla consistenza piuttosto molle.
Comune a tutti i piatti è l’impiego abbondante di spezie. La cucina romana è una cucina prevalentemente “zuccherata”, che fa abbondante uso di miele e si avvale del sottile contrasto dell’agro-dolce.
Tra i piatti più diffusi si ricordano: la patina o patella (che prendeva nome dal recipiente dove era cucinato) è misto di legumi, pesce, formaggio e frutta; il MINUTAL è un ragout di pesce e carni sminuzzati.
Una cena romana di un certo tono era suddivisa in tre momenti:
la GUSTATIO , in cui venivano servite normalmente antipasti e vino dolce;
la CENA , costituita il pasto propriamente detto;
le MENSAE SECUNDAE, corrispondenti al momento del dessert.
In questa fase il vino era servito con molta abbondanza.
Nel III secolo d.C. compaiono i primi trattati di cucina e la scienza della dietetica ad opera della scuola di Ippocrate.
Sempre nel periodo romano comparvero i primi trattati sull’alimentazione dei malati e il testo di Galeno “Poteri degli alimenti” costituì la base della dieta fino al Medioevo.
Il desco presso i Greci e i Romani
Presso i paesi più antichi, anche molto evoluti come egiziani, assiri, persiani, così come presso i Greci, non esisteva una camera riservata in modo particolare al desco, nel senso come intendiamo noi oggi la sala da pranzo.
Il pasto veniva consumato in una camera che serviva anche da cucina, solo più tardi l’abitazione greca migliorò tanto da disporre, almeno nelle case dei più benestanti, di una camera esclusivamente destinata alla consumazione dei pasti.
All’origine il popolo romano ebbe come casa una sorta di capanna sulla soglia della quale la famiglia consumava i propri pasti.
Quando più tardi, intorno al VII secolo a.C. , i Romani si dotarono di case vere e proprie con corte e giardino, l'”atrium” costituiva la zona più importante e fungeva da camera di lavoro, da cucina e da sala da pranzo.
L’atrium era il centro anteriore della casa ed in esso ardeva il “focolare domestico”. Mano a mano che la casa si arricchiva e si sviluppava, la vita domestica si spostò verso l’interno di essa e cioè nel “triclinio”, su cui i Romani si sdraiavano.
Alimentazione nel Medio Evo
Dalla caduta dell’impero Romano la dieta delle popolazioni era per la maggior parte di tipo vegetariano e molto frugale ed era usuale la consumazione di due pasti al giorno.
Erano molto usati i legumi che fornivano i diversi tipi di farina con le quali si cuocevano focacce, pappe e minestre.
Con la farina di panico si preparavano “panicce” o “panizze” che costituiva l’umile cibo della gente comune. Con le fave si preparava la fava menada o menata una pappa di farina di fave condita con olio, oppure si cuoceva il “macco” specie di polenta composta di fave cotte nell’acqua e ridotte in pasta.
A questa dieta veniva aggiunto, qualche volta, carne di maiale, carne bovina, pollame e cacciagione. I più abbienti arricchivano la dieta con carne di montone, di capra e molto pesce.
Alimentazione dal 1600 ai nostri giorni
Con l’avvento della stampa cominciarono ad essere pubblicati i primi libri di “arte culinaria”. Questi libri contribuirono a diffondere i vari modi di cucinare i cibi e la conoscenza contribuì ad una maggiore raffinatezza nella preparazione delle vivande.
Alla fine del 1500 con l’aumento del lavoro e dei salari e con l’espansione delle industrie la dieta alimentare si fece più ricca per tutti.
Tra il 1500 e il 1600 avvennero molti mutamenti, il pane di orzo fu sostituito da quello di segale e di grano, mentre si ebbe maggior disponibilità di latte, burro e carni soprattutto affumicate.
Un nuovo tipo di cibo venne preparato con una pasta di farina di cereali minuziosamente preparata ed essicata. Questa, sotto forma di maccheroni, vermicelli e simili sembra aver avuto origine alla corte di Napoli verso la fine del Medioevo e la sua invenzione fece balenare la possibilità di conservare i cereali.
Durante i secoli XVII e XVIII gli agricoltori introdussero in Europa un gran numero di nuove colture di cereali e verdure destinate all’alimentazione e che formano, ancor oggi, i punti fermi della nostra dieta alimentare.
Questi nuovi prodotti quali le patate, il mais, il riso ed i semi oleosi sono coltivati ormai in tutto il mondo e fanno parte delle ricchezze di ogni Paese.
Fu introdotto anche il grano saraceno che divenne il più importante tra i raccolti del Nord Europa.
Ai prodotti sopra citati si aggiunsero altri alimenti quali il thè, il caffe, il cacao, che a loro volta fecero intensificare la produzione dello zucchero.
Infine, lo sviluppo della conservazione dei cibi e l’introduzione delle tecniche di inscatolamento contribuirono alla diffusione delle vivande e delinearono la più moderna dietetica.
Durante la maggior parte del diciassettesimo secolo la teoria della nutrizione era ancora quella.