Frattura femore: quando Michele Massaro ortopedico consiglia la protesi anca

Frattura femore: quando Michele Massaro ortopedico consiglia la protesi anca

La frattura femore, specie per gli anziani, può portare a serie complicanze: solo in certi casi specialisti della chirurgia mini invasiva come Michele Massaro, ortopedico che opera presso le Cliniche Humanitas di Bergamo, consigliano l’intervento chirurgico per l’impianto di una protesi anca.

A causa di diverse patologie o traumi subiti, questo tipo di frattura (che non risparmia giovani e adulti) è dovuto ad un’interruzione della continuità dell’osso.

Grazie ad alcune importanti delucidazioni che il dr. Massaro Michele ha voluto fornirci, scopriamo tutto quello che c’è da sapere sulla frattura del femore.

 

Frattura del femore: principali tipologie, sintomi e conseguenze

Abbiamo chiesto telefonicamente al dr. Michele Massaro, ortopedico esperto in protesi anca e ginocchio mini invasiva, quali sono i soggetti più colpiti e le relative conseguenze.

La frattura del femore più comune colpisce il collo femorale: in questo caso, soprattutto per l’anziano, questo episodio può provocare una perdita parziale o totale dell’autosufficienza” ci ha risposto Massaro.

In tutti i casi, bisogna intervenire per verificare i danni, eseguire una diagnosi accurata e scegliere la terapia più indicata. Le conseguenze possono risultare molto gravi, talvolta mortali per gli anziani.

E’ necessario, innanzitutto, verificare se la frattura che interessa il femore sia:

  • Composta, quando l’osso mantiene un allineamento normale o scomposta, quando invece i tronconi dell’osso si spostano al punto tale da allontanarsi dal normale allineamento;

  • Esposta, se uno o più frammenti dell’osso arrivano a lacerare muscoli e cute con conseguente fuoriuscita oppure chiusa, quando invece non si verifica alcuna lacerazione dei muscoli o della pelle.

In caso di frattura composta o chiusa, oltre al dolore si manifesta sanguinamento interno (ecchimosi) ma il soggetto potrebbe essere in grado anche di camminare. La frattura scomposta ha conseguenze diverse: limitazione funzionale della coscia, arto compromesso extra ruotato con il piede rivolto verso l’esterno e, spesso, più corto di quello sano” prosegue Massaro.

Cosa si rischia nei casi più o meno gravi?

 

Intervenire tempestivamente per scongiurare complicanze

Chi subisce una frattura femore può incorrere in diverse complicanze, alcune molto gravi” ci spiega il dr. Michele Massaro ortopedico. Può trattarsi di conseguenze serie a breve o lungo termine e, comunque sia, da verificare per avere modo di intervenire tempestivamente.

Si passa dall’emorragia interna alle infezioni (per le fratture esposte), dall’embolia allo shock neurogeno, dalla sindrome compartimentale ai danni della muscolatura (che può evolversi in necrosi muscolare) a gravi lesioni dei tessuti (capsule articolari, vasi sanguigni, nervi) che possono provocare necrosi della testa femorale o la morte”.

Le complicanze più lievi possono essere: artrosi, deformità permanente, tromboflebiti, funzionalità articolare limitata, insufficienza cardiorespiratoria.

Per un anziano, la caduta più lieve potrebbe trasformarsi in un evento gravissimo se presenta osteoporosi, fragilità ossea. Statisticamente parlando, il 15-20% degli anziani muore nel giro di un anno dall’episodio traumatico, il 50% perde l’autosufficienza, il 75% di questi anziani è di sesso femminile.

 

Cosa fare nei casi gravi? I consigli del dr. Michele Massaro ortopedico

Al telefono Michele Massaro ci spiega, finalmente, cosa è importante fare nei casi più gravi (frattura femore scomposta o esposta).

L’intervento chirurgico è inevitabile e va eseguito entro le 24/48 ore successive all’episodio traumatico”. Ne va della sopravvivenza o del recupero funzionale del paziente, è fondamentale per scongiurare qualsiasi tipo di complicanza.

Si opta per la terapia conservativa (farmaci antinfiammatori non steroidei e antidolorifici, infiltrazioni di corticosteroidi locali, iniezioni intra-articolari di acido ialuronico) o fisioterapia solo in caso di controindicazione all’intervento per vari motivi.

L’approccio più sicuro, risolutivo, meno rischioso e meno traumatico è l’innesto di una protesi anca totale mini invasiva o parziale per garantire un recupero più rapido – prosegue Michele Massaro – Con la chirurgia mini invasiva tutto si riduce: tempi di intervento e di recupero, dolore, gonfiore, incisione e perdita ematica, rischi di infezione e lussazione. I tempi di recupero e guarigione sono più rapidi rispetto alla tecnica tradizionale. Questa tecnica risparmia cartilagine, muscoli, parti ossee che non vengono sezionati ma divaricati. Buona parte del collo femorale e le strutture periarticolari vengono preservate, nervi e vari vengono ‘rispettati’ e si riduce anche l’attrito tra acetabolo e testa femorale. La protesi anca mini invasiva ripristina la funzionalità articolare e dura di più (20-25 anni)” conclude Massaro.

Nei casi più lievi (ad esempio, frattura femore laterale), quando oltretutto il paziente è giovane ed in buona salute, si ricorre all’osteosintesi finalizzata alla formazione di callo osseo ed a ricongiungere le parti ossee attraverso l’uso di perni e placche. In seguito, per il recupero funzionale completo, è necessario seguire un percorso di fisioterapia e riabilitazione personalizzato.

Grazie, dr. Michele.